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Roberto Pertici – Storici italiani del Novecento, Pisa-Roma, Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali – 2000

Roberto Pertici
a. III), (“Storiografia”

Anno di pubblicazione: 2000

Su un tema tanto importante, con i saggi ampliati e qui raccolti Pertici ha sempre una parola informata e meditata da dire. Dà il meglio nello scavo documentario e nello sforzo di esattezza nel cogliere i giochi di imprestito e stimolo tra studiosi costretti a operare nelle maglie strette, mentali oltre che istituzionali e politiche, dell’Italia monarchica e repubblicana. Ha sensibilità e competenze come pochi: Omodeo, Candeloro, Treves, Gerbi, Croce e Gentile sono maneggiati con delicatezza e disinvoltura. La “gratitudine per l’operosità di tante generazioni di studiosi italiani” (p. 3) – pietas tutta laica alla de Certeau – non è fuori luogo per uomini di forti passioni politiche, trionfatori o vittime dello scontro politico. Il rispetto per il caso individuale rischia però di far perdere le proporzioni tra le figure degli storici e i risultati della ricerca. L’autore dichiara di voler scrivere una storia della cultura storica del Novecento (p. 1), per dirla con Croce non una storia “delle acquisizioni storiche” ma dello “svolgimento del pensiero storico” (pp. 246-7). In tutti i saggi è latente la polemica con chi privilegia la capacità dei singoli storici di formulare problemi attraverso cui analizzare il passato con un occhio sempre attento alla Quellenkunde e che quindi, deve offrire elementi verificabili di una storia della storiografia che analizzi una disciplina e non genericamente “interpretazioni storiche” di rilevanza essenzialmente politica. Si rinuncia a rilevare “i risultati più propriamente storiografici” di Candeloro per insistere “sulle coordinate concettuali” con le quali erano costruiti (p. 172): Hume e Tocqueville, de Maistre e Platone diventano poco più che occasioni per rielaborare sempre nuove approssimazioni alla soluzione dei problemi, della libertà individuale, dell’intervento statale nella vita collettiva, della formazione delle élites. Sfugge allora la plausibilità di interpretazioni non direttamente riconducibili all’opzione politica, che pare determinare in larghissima parte ogni affermazione storiografica. Carattere individualizzante e interesse prevalente per le sensibilità politiche dominano, sorprendentemente, anche il capitolo introduttivo che dà il titolo al volume. Le vastissime conoscenze dell’autore sono costrette nella camicia di forza di una rinuncia a descrivere gli aspetti istituzionali e organizzativi della ricerca e ad identificare le grandi questioni interpretative aldilà delle appartenenze di partito o di scuola, cui Pertici attribuisce una rilevanza decisiva. Non senza qualche conseguenza che lascia perplessi: nel cercare una caratteristica saliente agli anni ’60 e ’70 a distanza di due pagine insiste sia sulla diffusione del marxismo storiografico (il manuale di Villari è un “efficace strumento di egemonia culturale nella scuola e nell’università”, p. 45) sia sul “profondo mutamento nel panorama storiografico italiano” prodotto dalla storiografia delle Annales (p. 47) sia sulla reazione di De Felice all’uso politico dell’antifascismo e di Romeo al paradigma annalistico.

Edoardo Tortarolo