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Roger Griffin – Modernism and Fascism. The Sense of a New Beginning under Mussolini and Hitler – 2007

Roger Griffin
Basingstoke, Palgrave, 470 pp., £ 19,99

Anno di pubblicazione: 2007

Sulla scia di sue analisi precedenti (soprattutto The Nature of Fascism, London, Pinter, 1991), Griffin presenta i regimi di Hitler e Mussolini come «Stati modernisti». Tema centrale del libro è che al cuore della psicologia e dell’ideologia fascista ci fosse il «senso di un nuovo inizio» (p. 1), un sentimento, condiviso dai pionieri dei movimenti fascisti, di essere sulla soglia di una nuova era. Come sottolinea l’a., era una parte della società, non la maggioranza, ma gli attivisti più convinti, coloro che credevano di poter «fare la storia» (p. 4). In diversi punti del volume, Griffin ricorda che la comprensione di questo aspetto rivoluzionario non deve far dimenticare i crimini commessi dai due regimi; essa è anzi utile a spiegare i motivi che portarono a quei crimini.Secondo Griffin i regimi italiano e tedesco furono la concreta realizzazione di un’ideologia politica, il «fascismo» generico, che poteva nascere soltanto in quel periodo del XX secolo, come variante politica del movimento artistico e intellettuale del modernismo, cioè della rivolta contro l’età liberale che precedette e seguì la Grande guerra. L’a. spiega il modernismo come prodotto della modernità (dell’illuminismo, delle rivoluzioni francese e industriale), in un periodo, tra la seconda metà dell’800 e la seconda guerra mondiale, in cui artisti e intellettuali descrivevano il presente come epoca non più di progresso ma di decadenza. Negli anni della Grande guerra e subito dopo, avvenne la collusione fra modernismo, ultranazionalismo e razzismo. Tutto questo corroborato dal mito del sacrificio nelle trincee e della morte-resurrezione, prodotto del conflitto mondiale. Si trattava sempre di una minoranza, quella che poi confluì nello squadrismo in Italia e negli vari gruppi di outcast della Repubblica di Weimar. Ne conseguì una serie di progetti utopistici, che nel caso dell’Italia includevano la ripresa del Risorgimento mazziniano, quello populista e della «religione nazionale» che era stato tradito dalla tradizione liberale di Cavour, realizzato, secondo Giovanni Gentile, nello «Stato etico» fascista (pp. 192-3). Il rapporto fra modernismo e fascismo non fu lineare: nel fascismo italiano confluirono il futurismo di Marinetti, l’urbanistica moderna sostenuta da Bottai, ma anche strapaese e Farinacci; in Germania anche le manifestazioni più anti-moderne dell’estetica nazista annunciavano, come scrisse nel 1932 Ernst Jünger, l’arrivo di un nuovo tipo di essere umano, fisicamente perfetto e violento. Come ha spiegato anche Enzo Traverso, il risultato fu un prodotto storico e scientifico allo stesso tempo, che univa antico spirito antisemita e la modernità dello sterminio industriale. Da questo punto di vista, il modernismo è alle origini di Auschwitz.Questo libro, come ammette l’a., non è di facile lettura, e si avventura fra diverse discipline come l’arte, la letteratura e la filosofia; non ha l’ambizione di soppiantare modi preesistenti di spiegare le origini e lo sviluppo dei fascismi, ma di far pensare e suggerire nuove idee, analizzando il fascismo attraverso la lente della cultura modernista, e muovendosi tra una gran mole di testi dell’epoca e storiografici.

Claudia Baldoli