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Saperi per la nazione. Storia e geografia nella costruzione dell’Italia unita

Paola Pressendo, Paola Sereno (a cura di)
Firenze, Olschki, 503 pp., € 50,00

Anno di pubblicazione: 2017

Nel volume storici e geografi studiano il processo di unificazione nazionale a partire da Torino, avvalendosi di metodologie «provenienti dalla historical geography of sciences che ha innovato la storia della scienza e, segnatamente, della geografia» (p. V). Cominciando con la curiosa cronaca delle esequie di Vittorio Emanuele II (di Pierangelo Gentile), gli aa. evidenziano come lo sviluppo scientifico e culturale di Torino si intrecci in modo concreto con la costruzione della cultura e dell’identità nazionale attraverso l’impiego sistematico della divulgazione, al fine di costruire una opinione pubblica scientificamente aggiornata.
Silvia Cavicchioli riflette su Quintino Sella organizzatore culturale. Ester De Fort e Maria Luisa Sturani indagano sulle iniziative editoriali torinesi e sulla crescita dell’editoria scolastica. Daniele Pipitone si sofferma sulle vicende del padiglione «Piemonte» alla mostra romana del cinquantenario dell’Unità. Paola Pressenda illustra il ruolo del Club Alpino Italiano nello sviluppo della coscienza geografica nazionale.
È l’ampio e ricchissimo saggio di Paola Sereno, però, a caratterizzare il volume: Aperire terram gentibus è il motto che Guido Cora, geografo e scienziato, aveva scelto per illustrare il senso di un lavoro volto a costruire in modo scientifico una conoscenza geografica del mondo e dell’Italia, assieme all’ansia di comunicare e rendere comprensibile a tutti un planisfero nel quale si venivano sempre più velocemente riducendo le parti in bianco.
La figura e l’opera di Cora appaiono straordinarie: la precocissima vocazione scientifica e la ricca esperienza internazionale di studi operarono però negativamente sulla sua carriera universitaria. È sull’intreccio tra politica e accademia, sull’impegno di divulgazione e politica culturale, che l’a. offre le riflessioni più interessanti: parlare di Torino e della sua Università di fine secolo (quando Cora fu praticamente obbligato ad abbandonare l’insegnamento, senza riuscire a conquistare la cattedra) significa aprire ampi e non banali squarci sull’oggi. L’a. ricorda che la prima cattedra di geografia a Torino (quella del 1857 di Ettore Ricotti) nacque da una forte volontà politica – capace di programmare nuove cattedre dentro un processo organico di sviluppo – che si impose d’autorità su una Università immobile. Da qui «una storia fatta di alterne vicende che si ripeterà più volte fino a oggi, nella quale le varie riorganizzazioni e razionalizzazioni, soprattutto recenti, che abbiamo imparato a temere, faranno più danni di due guerre mondiali» (p. 297).
Questo spiega le polemiche legate al I Congresso nazionale dei geografi (Genova 1892): il problema di come promuovere la conoscenza geografica dell’Italia; la questione dell’insegnamento della geografia; il dibattito sulla ricerca di identità nazionale sostenuta dall’etnografia. Cioè a dire sulla ipotesi di fondare la geografia politica non sulla incompleta e mutabile idea di Stato, ma su quella considerata più naturale e stabile di nazione.
Un intreccio di temi e questioni che merita attenzione.

Aldo Accardo