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Schermi radioattivi. L’America, Hollywood e l’incubo nucleare da Hiroshima alla crisi di Cuba

Maurizio Zinni
Venezia, Marsilio, 320 pp., € 32,00

Anno di pubblicazione: 2014

Il volume di Maurizio Zinni racconta la storia del «cinema nucleare» statunitense, cioè quel genere cinematografico che mise al centro l’arma e l’energia atomiche, tra il suo inizio, a ridosso degli attacchi atomici contro il Giappone, fino alla crisi dei missili a Cuba, che costituì per l’opinione pubblica e per Hollywood un vero spartiacque. All’inizio degli anni ’60, infatti, questo filone cinematografico prese una piega decisamente critica verso la «bomba», come apparve evidente in film quali Il dottor Stranamore e L’ultima spiaggia.
Già autore di un importante studio sul fascismo nel cinema italiano, Zinni in questa nuova ricerca mette in luce come pochi temi, come quello dell’atomica, appaiano capaci di raccontarci i primi quindici anni della «guerra fredda». L’a. suddivide in quattro fasi la storia del cinema sull’incubo nucleare: dal 1945 al 1949, da Hiroshima fino a quando i sovietici fecero esplodere la loro prima atomica; dal 1950 al 1953, il momento più critico (guerra di Corea) della «guerra fredda»; dal 1954 al 1957, con la bomba H e le sue conseguenze (fallout e radiazioni); infine, dal 1958 al 1963, anni di transizione verso un rigetto del nucleare.
L’intreccio tra storia politica e sociale degli Stati Uniti e storia di un genere cinematografico è delineato senza forzare l’analisi in un senso o nell’altro: non facendo dei film la semplice espressione di una determinata epoca storica; né sovradimensionandone, di contro, l’impatto e la loro capacità di incidere in quanto agenti di storia. La considerazione della natura polisemica di questi film è il fondamento di un’analisi molto attenta alle sfumature, agli slittamenti di significato e ai messaggi, volontari e non, presenti in pellicole che spesso furono realizzate come prodotti di pura evasione o di propaganda anticomunista.
L’a. ha ricostruito la storia di un genere cinematografico di cui molti titoli sono ormai dimenticati, malgrado i remake recenti (Ultimatum alla terra, per esempio). Zinni ha mostrato come i topoi del cinema sull’atomo (la figura dello scienziato, le città deserte del dopo bomba) non vengano piattamente riproposti all’infinito, ma cambino a seconda della sensibilità dei realizzatori e della necessità di introdurre continuamente innovazioni all’interno del genere stesso, pena la disaffezione del pubblico. La fantascienza «atomica» testimoniò, dunque, secondo l’a., delle paure degli americani: dei comunisti; dell’olocausto atomico, cioè della possibilità data per la prima volta all’uomo, tramite la scienza, di distruggere la vita sulla terra; o anche di una possibile reazione della natura, tramite una serie infinita di cataclismi o l’apparizione di mostri – che si configurarono come un vero e proprio sottogenere – dotati di forza distruttrice.
Sono tante le suggestioni proposte dal libro di Zinni e c’è da sperare che questa sua ricerca continui e si possano confrontare film non solo con la politica ma anche con tutte le altre forme della cultura di massa.

Ermanno Taviani