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Sotto gli occhi di tutti. La società italiana e la persecuzione contro gli ebrei

Valeria Galimi
Milano, Le Monnier Università-Mondadori Education, 189 pp., € 14,00

Anno di pubblicazione: 2018

L’a. è impegnata da un ventennio sui temi che affronta nel volume in questione.
Quindi, non meraviglia che padroneggi con disinvoltura la storiografia sull’argomento.
Un’ulteriore conferma di ciò risiede nel fatto che diverse linee di ricerca erano state in precedenza avanzate e discusse in workshops e convegni all’estero.
Il volume è composto da sei capitoli, che affrontano il rapporto fra leggi razziali e opinione pubblica dal 1938 allo scoppio della guerra (cap. 1); nel seguito, poi, si passa dalla propaganda antisemita in periodo di guerra alle deportazioni nel periodo della Rsi (cap. 3). Si procede al dopoguerra, con le reazioni della stampa italiana davanti al processo Eichmann (cap. 4) e le politiche della memoria suscitate dalle scelte del legislatore, dalla Commissione Anselmi all’istituzione del «Giorno della Memoria». L’ultimo capitolo, in- fine, è dedicato al dibattito storiografico sui rapporti fascismo-antisemitismo. Beninteso, nessuna pretesa, da parte dell’a., di presentare una ricerca esaustiva, cronologicamente estesa lungo quasi un settantennio. Come osserva lei stessa nell’ultima pagina, sono pro- blematizzati «alcuni “snodi” di queste vicende» (p. 148), quale invito ad analizzare più a fondo l’atteggiamento degli italiani davanti alla Shoah.
Concordiamo con l’a. quando osserva che l’atteggiamento della società europea da- vanti all’antisemitismo dipese dalle relazioni con la minoranza ebraica stabilite in prece- denza (p. 60). Ora, nel caso italiano si è trattato di demolire alcuni stereotipi, fra i quali quello secondo cui le leggi razziali del regime fascista furono scarsamente applicate, quello del mito del «bravo italiano», sempre pronto a soccorrere gli ebrei perseguitati, per finire a quello dell’estraneità del fascismo alla Shoah. Quest’ultimo, sul piano della coscienza civile, è forse lo stereotipo più cruciale non foss’altro perché era stato avallato, a suo tem- po, da uno dei maestri della storiografia del ’900, Renzo De Felice. L’a. mostra sia che in Italia si verificò una vasta gamma di atteggiamenti davanti agli ebrei perseguitati, una gamma compresa fra la delazione e il soccorso, sia che nei processi ai criminali di guerra dopo il 1945 non comparvero le contestazioni di reati connessi alla deportazione degli ebrei (pp. 91, 93): è quella che l’a. definisce quale «memoria […] separata dalle memorie della guerra e del movimento resistenziale» (p. 107). Del resto, i riferimenti alle deporta- zioni dall’Italia non troveranno spazio neanche in sede di dibattito al processo Eichmann (p. 98).
Un’ultima annotazione. D’accordo con l’a. quando osserva che lo studio della Shoah «ha modificato in profondità la conoscenza e la consapevolezza della storia europea in generale» (p. 110). Gli storici (ma aggiungeremmo anche i filosofi) hanno compiuto un buon lavoro, insomma. Ma chi segue, oggi, le lezioni dei sacerdoti di Clio?

Francesco Germinario