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Spiritualmente semiti. La risposta cattolica all’antisemitismo

Valerio De Cesaris
Guerini e Associati, 195 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2017

Sulla scia in particolare di un suo precedente studio, Pro Judaeis. Filogiudaismo cattolico
in Italia (1789-1938), l’a. si interroga e ricostruisce il percorso che ha condotto il
mondo cattolico fin nei suoi vertici a rimettere gradualmente in discussione la tradizione
dell’antigiudaismo e poi dell’antisemitismo di matrice cattolica in età contemporanea. Si
tratta di un itinerario iniziato in alcuni segmenti già nel XIX secolo, che vide poi uno snodo
fondamentale nel secolo scorso con il Concilio Vaticano II e ha ricevuto perciò decisive
spinte da Giovanni XXIII, segnando infine ulteriori passi con Giovanni Paolo II.
L’a. vede filosemitismo e antiebraismo in frequente tensione nel cattolicesimo italiano
in realtà fin dal ’700. Getta luce per l’800 sul caso, che considera emblematico,
dell’ambiente cattolico liberale toscano in cui da un lato Raffaele Lambruschini diede
spazio e sostenne il dibattito sull’emancipazione ebraica; dall’altro Gino Capponi mantenne
invece posizioni ostili verso gli ebrei. Più tardi, a inizio ’900, il modernista Semeria
sottolineava l’ebraicità degli apostoli. In Francia nel 1892 era stato fondato il periodico
«La Juste Parole», da cui proverranno figure come Jacques Maritain e François Mauriac, e
il suo stesso fondatore Oscar de Férenzy, morto anni più tardi nelle mani della Gestapo.
In Italia insistettero sulle radici ebraiche del cristianesimo figure come Mario Bendiscioli
e Giuseppe Ricciotti e, negli anni ’20, era stata fondata l’associazione «Amici di Israele»
(sciolta nel 1928), di cui fece parte anche Angelo Roncalli, futuro papa. Roncalli, che
da delegato apostolico a Istanbul aveva informato la Santa Sede dei massacri in corso in
Europa dell’Est, avrebbe avuto un ruolo centrale nel XX secolo nella svolta dell’atteggiamento
della Chiesa verso gli ebrei. Divenuto papa Giovanni XXIII, dapprima abolì il riferimento
alla «perfidia» ebraica nella liturgia della Pasqua, infine nella dichiarazione Nostra
Aetate (1965) ottenne la cancellazione dell’accusa agli ebrei di deicidio e la «deplorazione»
dell’antisemitismo, coronando un percorso che egli aveva affidato fin dal 1960 nelle mani
del cardinale Bea. Una menzione particolare nel secondo dopoguerra merita lo studioso
Jules Isaac, fondatore nel 1948 dell’«Amitié Judéo-Chrétienne de France», modello di
successive amicizie giudaico-cristiane in Europa (tra cui quella fiorentina animata anche
da Giorgio La Pira), e autore di numerosi volumi tra cui Jésus et Israel e L’enseignement du
mépris.
Lo studio si colloca in modo significativo nel filone rilanciato dal volume dello storico
statunitense John Connelly, From Enemy to Brother. The Revolution in Catholic teaching
on the Jews, 1933-1965 (Harvard University Press 2012), sottolineando come a fronte di
una importante e imprescindibile storiografia sull’antisemitismo e le sue radici cristiane,
«giudeofobie, antisemitismo, filogiudaismo vanno tenuti assieme per comprendere la storia
dell’atteggiamento cattolico verso gli ebrei» (p. 145).

Simon Levis Sullam