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Stefano Biguzzi – L’orchestra del duce. Mussolini, la musica e il mito del capo – 2003

Stefano Biguzzi
Torino, Utet, pp. 178, euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2003

Un libro storico scritto da un musicista studioso di storia (l’autore è violinista attivo come solista e in varie formazioni cameristiche). Questa formula ? lontano da qualsiasi superbia di categoria ? racchiude in sé i tanti meriti, ma anche i limiti di questo studio divertente e di piacevolissima lettura. Anzitutto ha il grande merito di essere uno dei pochi saggi storici sul ruolo della musica classica nel ventennio, e non uno studio di storia musicale o di musicologia del fascismo. In che modo Mussolini e il fascismo si servono della musica, qual è il luogo della musica nella politica (non solo quella culturale) fascista e, soprattutto, come si costruisce l’immagine di Mussolini musicista e protettore delle arti musicali nell’immaginario di quel culto della personalità tanto cruciale per l’organizzazione del consenso: sono questi i quesiti centrali del saggio.
Per rispondere l’autore tenta nel primo capitolo di stabilire il nucleo di verità dell’immagine di Mussolini musicista, analizzando la sua formazione musicale nell’ambito della musica popolare emiliana, le sue ambizioni strumentali al violino ed i suoi gusti musicali secondo le testimonianze reperibili, constatando che Mussolini nutrì davvero una predilezione per la musica e in particolare per quella strumentale e da camera. Nel secondo capitolo riepiloga acutamente i meccanismi della costruzione del mito del capo e la messa in scena dell’onnisciente e onnipresente duce, servendosi dell’efficace immagine della ?lanterna magica? per illustrare il funzionamento dell’automoltiplicazione e polivestizione superomistica di matrice dannunziana, all’interno del quale viene collocata anche la veste di Mussolini musicista. Seguono tre capitoli che ricostruiscono ? attraverso i rapporti intercorsi tra Mussolini e le istituzioni musicali, i compositori e gli esecutori ? l’articolarsi della ?figura di un capo factotum interessato ai minimi dettagli della vita nazionale, con una particolare predilezione per la musica? (p. 70). L’ultimo capitolo è dedicato al rapporto particolare tra Mussolini e Toscanini quale massimo rappresentante della musica italiana del tempo.
Ci viene così fornita una rassegna della musica nel ventennio e della sua funzione nel regime secondo criteri e quesiti della storiografia attuale, arricchita da osservazioni musicali basate sull’expertise personale dell’autore. Il grande limite dello studio è però la ristretta base archivistica: l’autore si serve esclusivamente di fonti edite, di memorialistica e letteratura storiografica. Lo spoglio di questi testi è molto meticoloso e scrupolosamente documentato nelle note: in questo senso, con il suo libro Biguzzi dà comunque un importante contributo alla storiografia, raccogliendo, sistematizzando e valorizzando una serie di risultati sparsi all’interno di studi dedicati ad altri problemi e perciò finora non adeguatamente valutati. Le sue osservazioni storiche e le sue riflessioni sul rapporto tra musica e regime sono in ogni caso molto più penetranti ed originali di gran parte delle pubblicazioni sul tema. Ma non possono rimediare alla lacuna, ancora aperta, di uno studio approfondito sulla musica, sulle sue istituzioni e strutture e sul suo intreccio complesso con la macchina statale del fascismo.

Johannes U. Müller