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Stefano Palermo – La Banca Tiberina. Finanza ed edilizia tra Roma, Napoli e Torino 1869- 1895 – 2006

Stefano Palermo
Napoli, Editoriale scientifica, 324 pp., euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2006

Il volume ricostruisce la parabola della Banca Tiberina, uno dei principali istituti di credito travolti dal crack edilizio del 1889. Una vicenda le cui radici affondano alla fine degli anni Sessanta, quando i banchieri Geisser e Servadio costruiscono una rete di imprese immobiliari facente capo alla Banca Italo-germanica, vera holding del gruppo. Investita insieme al settore immobiliare dalla crisi del 1873, la Italo-germanica viene assorbita dalla neonata Banca Tiberina (1877) che, dopo le iniziali difficoltà, si giova della mutata congiuntura. Nei primi anni Ottanta, infatti, l’aumento della circolazione monetaria (grazie all’abolizione del corso forzoso e alle nuove strategie delle banche d’emissione) e le politiche di spesa a sostegno della riqualificazione delle città sbloccano il mercato edilizio-immobiliare. Gli investimenti ereditati nel settore dalla Tiberina diventano da immobilizzi strumento per promuovere le tradizionali operazioni bancarie, in particolare i crediti ipotecari ai costruttori. Un meccanismo redditizio ma rischioso: a fine anni Ottanta la discrepanza tra offerta e domanda abitativa sgonfia la bolla immobiliare e la Tiberina si ritrova vittima della propria scarsa liquidità. Il mutuo di 40 milioni concesso dalla Banca Nazionale salverà il Banco Sconto e Sete, istituto torinese di riferimento della Tiberina, ma non la banca capitolina, costretta alla liquidazione (1895). Forte dell’incrocio di fonti diverse e situata al confine tra storia economica e storia della banca, la ricerca offre l’occasione per riflettere su alcune questioni. Innanzitutto il ruolo decisivo svolto dalla mano pubblica e da politiche di deficit spending che consentono il salvataggio del sistema ma scaricano sulla collettività i costi di scelte avventurose: così le perdite del crack edilizio sono assorbite dalle banche di emissione, e il Comune di Roma interviene solo per ratificare i disordinati interventi edilizi del capitale privato, vero organizzatore dello spazio urbano.Un secondo nodo centrale è poi costituito dai limiti di un’economia banking oriented, come quella italiana, rispetto ai sistemi market oriented, benché la vicenda della Tiberina sia segnata da una specifica componente speculativa e non consenta troppo disinvolte generalizzazioni. Ben ricostruite sono inoltre le partecipazioni incrociate tra le società immobiliari, utili a garantire il controllo dei prezzi dei terreni e l’elusione del mercato, a conferma di un capitalismo nazionale precocemente collusivo. Il volume risulta invece meno convincente come studio delle élite finanziarie, cioè sul versante della storia sociale: profilo e mutamenti degli azionisti forti della Tiberina appaiono sfocati, mentre le relazioni (con il governo centrale e locale, con gli istituti di emissione, tra l’aristocrazia papalina romana e la componente liberale torinese) si intuiscono decisive ma andrebbero approfondite. In alcune parti, infine (specie nel IV capitolo), prevale un taglio descrittivo a scapito di una problematizzazione che avrebbe potuto essere ricercata attraverso un più ampio dialogo con la letteratura, soprattutto straniera.

Ivan Balbo