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Stefano Rosso (a cura di) – Le frontiere del Far West. Forme di rappresentazione del grande mito americano, – 2008

Stefano Rosso (a cura di)
Milano, Shake, 187 pp., euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2008

«Nel corso del secolo è stato più volte annunciato il tramonto del genere western, ma coloro che lo avevano previsto sono stati sempre smentiti». Così Stefano Rosso, studioso di Letteratura angloamericana dell’Università di Bergamo e animatore della rivista di American studies «Acoma», introduce questa stimolante raccolta di saggi, frutto di una giornata di studi tenutasi nel 2007 all’Università di Bergamo. Quell’anno era particolarmente appropriato per parlare di Ovest statunitense perché segnava il ventennale di The Legacy of Conquest di Patricia Nelson Limerick, pietra miliare della cosiddetta new western history, volta a decostruire il mito della frontiera, terra di individualismo e democrazia bianca e maschile; mito già radicato nella cultura ottocentesca e codificato in ambito scientifico dal grande storico Frederick Jackson Turner alla fine di quel secolo.Il libro vira più sul culturale che sullo storico in senso proprio, con oltre metà dei dieci saggi dedicati all’esplorazione degli aspetti più diversi del cinema western. All’introduzione dell’a., che si muove con disinvoltura tra storiografia, letteratura, cinema e cultura di massa, segue un denso lavoro di Bruno Cartosio sulle complesse interazioni fra mitologizzazione e ricerca storica negli Stati Uniti di fine ’800. Con finezza Cartosio mette in evidenza i limiti metodologici di Turner (di cui si veda un’ampia rilettura critica a più voci in «Contemporanea», 2009, n. 3), sottolineandone le reticenze e la tendenza a mettere da parte dati storici, politici e sociali a lui ben presenti, pur di costruire una formidabile macchina mitopoietica nazionale in vario modo tributaria della mitologizzazione letteraria corrente. Su una reticenza della cultura dominante Usa si sofferma un originale contributo di Erminio Corti, che riguarda una forma artistica a lungo sottovalutata dell’Ovest. Si tratta del corrido, una ballata narrativa messicana di grande diffusione popolare con al centro la figura del bandito ribelle messicoamericano.Poi il libro si concentra sulla dimensione cinematografica, ne ricostruisce le tendenze e le fortune ondeggianti in saggi di notevole acutezza come quelli di Giorgio Mariani su Sentieri selvaggi di Ford, di Barbara Grespi sul paesaggio nel cinema western, di Stefano Ghislotti sulla scazzottate, o in contributi provocatori come quello di Elena dell’Agnese sul «mito del cowboy tra geopolitica popolare e relazioni internazionali». Mentre allo stesso curatore spetta l’onere di investigare con competenza quella dimensione letteraria che in tempi recenti, a differenza del cinema, sembra mostrare una presa tutt’altro che indifferente sul grande pubblico (vedi l’editoriale di Gary Hoppenstand in «Journal of Popular Culture», agosto 2004). È auspicabile che lo stesso gruppo di lavoro che ha prodotto questo interessante libro sul mito western dal lato della produzione volga lo sguardo sul lato non meno decisivo del suo consumo.

Ferdinando Fasce