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Steven Ricci – Cinema and Fascism. Italian Film and Society, 1922-1943 – 2008

Steven Ricci
Berkeley, University of California Press, 233 pp., $ 24,95

Anno di pubblicazione: 2008

Scritta da uno dei più attivi archivisti di cinema americani, ora docente nel Dipartimento di Film and Television della UCLA, questa nuova storia del cinema italiano sotto ilfascismo apre nuovi punti di vista su un dibattito e un campo di studi in cui sembrava che fosse stato detto proprio tutto. L’a. si propone di leggere questa storia sia per individuare il contributo del cinema italiano e non italiano al consenso per il regime, sia per le letture di opposizione e resistenza, che esso autorizzò. La novità principale che questo approccio propone è da una parte la concentrazione sulla triangolazione cinema italiano/regime fascista/Hollywood; dall’altra, la lettura di singoli film, interi filoni, o politiche istituzionali in rapporto a tale triangolo interpretativo. Dopo un sintetico capitolo introduttivo sull’assetto industriale del cinema italiano, l’a. analizza le aree di principale intervento del regime sull’industria cinematografica mettendo in risalto l’importanza ideologica del doppiaggio come arma utilizzata dal regime per sopra-codificare l’avversario Hollywood, e la funzione di filtro intertestuale assunta dai notiziari Luce per prevenire letture potenzialmente trasgressive dei film che li seguivano. I capitoli successivi analizzano prima il modo in cui i messaggi lanciati tramite i cinegiornali e le attività sociali organizzate dal regime furono ricodificati da importanti filoni della cinematografia nostrana; e poi, come il cinema italiano negoziò il rapporto di rivalità tra fascismo e Hollywood, finendo per dare supporto al progetto fascista. In entrambi i casi, l’analisi di Ricci si sofferma sui film di Mario Camerini perché esemplari sia per la loro apparente apoliticità sia per il loro successo di pubblico. Ricci legge ad esempio Rotaie (1929) e tutto l’importante filone di film ambientati in treno come codificazione dell’immagine fascista di un organico sociale unitario in cui il viaggiare era promosso dal regime come occasione di dislocazione socio territoriale dal caos della città alla genuinità della campagna, ma solo temporanea, e a patto di un ritorno allo status quo ante. Discorso simile per le commedie come Darò un milione (1935) in cui Camerini si allineava all’ideologia di regime presentando agli italianistorie di americani che trovavano la felicità ritornando ad un ordine naturale delle cose piuttosto che nella mobilità sociale esaltata da Hollywood. Pur non soffermandosi, come promesso nell’introduzione, sulle potenziali letture oppositive durante il regime, Cinema and Fascism termina con un utilissimo sommario dei codici di lettura del regime proiettati dal sistema cinema durante il fascismo, ed un epilogo che presenta una lettura di Massenzio (1976-1984) come esempio di continuità, dialogo e resistenza dell’Italia repubblicana con il ruolo che il cinema ha giocato nella storia del paese e del fascismo in particolare. Cinema and Fascism ci regala dunque analisi eleganti e convincenti, e una prospettiva innovativa e utile per rileggere non solo altri filoni cinematografici non analizzati dall’a., ma anche altri fenomeni culturali del ventennio.

Claudio Fogu