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Storia del bosco. Il paesaggio forestale italiano

Mauro Agnoletti
Roma-Bari, Laterza, 366 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2018

L’a. insegna Storia del paesaggio e dell’ambiente presso l’Università di Firenze. Laureato in Scienze Forestali, ma con grande dimestichezza con le fonti storiche, a partire dai catasti settecenteschi, ha coordinato, tra gli altri, una ricerca collettiva che ha portato, nel 2011, alla pubblicazione del volume laterziano Paesaggi rurali storici. Per un catalogo nazionale. Agnoletti offre al lettore «un tentativo di interpretazione delle dinamiche storiche del paesaggio boschivo italiano» (p. VII), che è arrivato a ricoprire oltre il 35 per cento della superficie agraria e forestale italiana, una percentuale cresciuta di tre volte in un secolo.
Il bosco come manufatto, modellato dall’opera dell’uomo, prodotto della storia: sono questi i temi salienti del volume che si sforza di superare «la visione naturalistica del paesaggio boschivo» (p. 302), ancora prevalente negli strumenti di tutela, e di demistifica- re un approccio nel governo del territorio che tende a leggere naturalità positiva – l’esplosione della superficie boscata – dove invece ci sono soprattutto gli effetti dell’abbandono delle aree collinari e montane e del mutato rapporto tra popolazione e risorse.
Il volume presenta una ricca esemplificazione che analizza gli utilizzi differenti del bosco nel corso dei secoli, dal pascolo, che si configura come la modalità di fruizione di più lunga durata del paesaggio forestale italiano, dall’età romana fino al secondo dopoguerra, alle carbonaie, agli utilizzi per la cantieristica, ai boschi per la caccia, agli alberi «da pane», quali sono i castagni, la «specie più rappresentativa del paesaggio forestale storico italiano» (p. 230). Tutte queste utilizzazioni «modellano» in vario modo i boschi che ne sono interessati.
Parimenti, una conferma evidente della caratterizzazione del bosco come «manufatto» si ritrova nel mutamento radicale delle forme di gestione, dalla tradizionale prevalenza del ceduo a quella delle fustaie, e nel declino delle latifoglie a favore delle conifere, processi, l’uno e l’altro, che non sono naturali, ma frutto dell’intervento umano e delle diverse modalità di utilizzo del bosco. Una particolare attenzione è riservata all’inter- vento pubblico nel ’900, in particolare a partire dall’istituzione dell’azienda speciale del Demanio forestale nel 1910, tanto da configurare nel secondo dopoguerra, attraverso i rimboschimenti, un vero e proprio «paesaggio di Stato» (p. 227).
Un’importante ricerca, quindi, che mira a riportare l’attenzione sui valori storici e culturali del bosco, sull’importanza del mosaico paesaggistico e della biodiversità, contro le «monoculture artificiali» (p. 296), e a contestare la «visione degradazionista con cui spesso è valutata l’azione dell’uomo» in questo e in altri ambiti (p. 307). Un libro di lettura piacevole e interessante, cui nuoce forse qualche tecnicismo e la lunghissima durata dei fenomeni analizzati, su cui non può dispiegarsi in pari modo la grande competenza dell’a.

Saverio Russo