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Storia della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Sassari (secoli XVI-XX)

Antonello Mattone
Bologna, il Mulino, 2016, 1037 pp., € 65,00

Anno di pubblicazione: 2017

XX), Bologna, il Mulino, 2016, 1037 pp., € 65,00
Cinque secoli di vita della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Sassari per oltre mille pagine, il libro di Antonello Mattone è poderoso. In un arco cronologico così lungo i cambiamenti sono tali che lo stesso oggetto del lavoro, l’Università e la Facoltà, non è sempre lo stesso. Tuttavia, l’a. riesce a dare unità alle sue pagine in parte spostando il baricentro del lavoro verso l’attività dei docenti di cui ricostruisce le carriere accademiche e gli stimoli intellettuali da questi apportati agli studi giuridici e, contemporaneamente, al ruolo civile e istituzionale che l’ateneo ha mantenuto nel corso dei secoli. Che si creasse una sorta di osmosi tra le istituzioni locali e l’Università turritana era anche in buona parte il risultato di un finanziamento che proveniva esclusivamente, fino al 1937, dal comune e dalla provincia.
La straordinaria carrellata di nomi di docenti della Facoltà giuridica segna il passaggio, a cui l’a. fa più vote riferimento, da istituzione di servizio volta, in primo luogo, alla formazione della classe dirigente locale, a università di cultura. Sarebbe impervio, nello spazio disponibile, dare conto dei numerosi studiosi, dei loro profili accademici e scientifici, e della loro capacità di stare all’interno del dibattito giuridico e contemporaneamente garantire la formazione e il ricambio del personale delle istituzioni locali. Il quadro plurisecolare della formazione o dell’esaurimento di numerose correnti intellettuali è presentato dall’a. con estrema finezza.
Vi sono poi alcune questioni che riguardano la vita generale e la consistenza dell’ateneo e della Facoltà di giurisprudenza. Il primo elemento è il carattere locale, provinciale dell’utenza e della docenza dell’Università di Sassari sia pure, sostiene l’a., partecipe della circolazione del pensiero giuridico, nei vari contesti cronologici, più dinamico. La seconda questione riguarda la discontinuità, a tratti la precarietà, dell’ateneo di Sassari. Una discontinuità che non si riferisce esclusivamente alle incertezze o alle minacce all’esistenza stessa dell’ateneo, ma si allarga, e in maniera particolare, al veloce turnover dei professori. Sassari è in generale luogo per docenti straordinari che presto lasciano l’isola per altre sedi. Quattro o cinque anni è il periodo medio che i docenti più brillanti trascorrono nell’isola prima della partenza. L’a. ne fornisce numerosi esempi. Si può ricordare, per esempio, la difficoltà di coprire l’insegnamento delle materie civilistiche negli anni ’20. Insegnamenti chiave della Facoltà erano spesso coperti con incarico, vedi Giovanni De Vergottini, appena ventitreenne, per Diritto civile. Confermando la marginalità dell’Università di Sassari, De Vergottini, vinto il concorso, va a Cagliari, dove rimane un solo anno, e di lì all’ateneo senese. In questo quadro pare poco probabile che i brevi periodi trascorsi a Sassari da studiosi pur di grande valore siano stati sufficienti per fare scuola e creare qualche allievo capace di non fare rimpiangere il maestro.

Giovanni Montroni