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Storia minima della Catalogna

Jordi Canal
Postfazione di Maurizio Ridolfi, Roma, Viella, 234 pp., € 26,00 (ed. or. Madrid, Turner, 2015, traduzione di Marco Palma)

Anno di pubblicazione: 2018

Questo libro nasce dall’esigenza di scrivere un «racconto normale», «una storia aperta,
critica e non finalizzata», in opposizione alla «narrazione nazional-nazionalista» (p. 13)
che ancor oggi, secondo l’a., pervade gran parte della storiografia autoctona sulla Catalogna.
L’intento è quindi quello di separare nettamente «la funzione critica della storia»
dalla «sua funzione pubblica», poiché «la storia intesa come conoscenza non va quasi mai
di pari passo con la commemorazione» (pp. 87-88).
È una storia mínima, sintetica ma densa di fatti e di nomi, che, partendo dalla
preistoria e passando per l’età antica, medievale e moderna, arriva fino ai giorni nostri.
I capitoli cronologicamente precontemporanei sono tre su cinque, ma occupano meno
della metà del volume. Eventi e processi di quei secoli sono integrati da pagine in cui si
demitizzano alcuni usi del passato fondativi (ad esempio l’origine della senyera, l’esistenza
di una «nazione catalana» già nel medioevo, la sua fine con la vittoria borbonica del 1714)
per quella storiografia nazionalista che contribuisce a costruire, attraverso ciò che Bloch
definiva l’idolo delle origini, un pantheon simbolico e celebrativo da supporto e legittimazione
per le aspirazioni indipendentiste del presente.
Riguardo all’età contemporanea, l’evento che in Catalogna segnò il passaggio «da un
patriottismo di tripla matrice – nazionale, regionale o […] locale» – all’«ascesa di nazionalismi
alternativi» (p. 104) a quello spagnolo fu la crisi di fine ’800. Tale fase coincise dal
punto di vista politico con il desastre della guerra ispano-americana, che palesò al contempo
la fine definitiva della dimensione imperiale della Spagna e la debolezza del suo nation
building interno. Il venir meno degli interessi economici cubani e la radicalizzazione del
conflitto sociale accentuarono le spinte centrifughe: da fenomeno culturale quale era stato
con la Renaixença ottocentesca, il catalanismo evolse in proposta politica. La galassia di
gruppi regionalisti, nazionalisti, conservatori, repubblicani, federalisti, anarchici e socialisti
di varie tendenze animò la composita e convulsa scena politica catalana del primo
’900, segnata da gravi violenze anche prima della guerra civile e descritta dall’a. in tutti
i suoi mutevoli passaggi. Le posizioni nettamente indipendentiste rimasero minoritarie,
ma maturarono con la Seconda repubblica, restando «congelate» nella lunga parentesi
franchista.
Si può interpretare il procés ancora in corso come frutto del populismo e dell’indebolimento
delle democrazie occidentali nel XXI secolo. Tuttavia, culture politiche,
istituzioni, simboli, forme di mobilitazione, talvolta addirittura le stesse sigle partitiche,
suggeriscono una discendenza dell’indipendentismo catalano attuale da retaggi e schemi
tipicamente novecenteschi. Una persistenza che fa riflettere, come anche stupisce l’adesione
quasi generalizzata della storiografia di un’area tra le più avanzate e democratiche
d’Europa a una «grande narrazione» nazionalista, con conseguenze non proprio edificanti
dal punto di vista deontologico ed epistemologico.

Giovanni Cristina