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The Holocaust and Compensated Compliance in Italy. Fossoli di Carpi, 1942- 1952

Alexis Herr
Basingstoke, Palgrave Macmillan, 227 pp., $ 79,99

Anno di pubblicazione: 2016

Il volume approfondisce dinamiche politiche e sociali riguardanti la gestione del
campo di Fossoli, situato nei pressi di Modena e attivo dapprima come campo per prigionieri
di guerra sotto amministrazione italiana (maggio 1942-settembre 1943) e poi
come campo di transito e concentramento per oppositori politici ed ebrei gestito dalla
Repubblica di Salò fino al marzo 1944, in seguito dalle forze di occupazione naziste fino
all’agosto 1944. Richiamandosi alla riflessione di Raul Hilberg sul ruolo dei cosiddetti
«bystanders» nella Shoah, la storica americana Alexis Herr analizza i rapporti intercorsi
tra i prigionieri e la comunità locale della cittadina emiliana limitrofa al campo, mettendo
in luce in che modo essa ne trasse in parte beneficio, contrariamente all’opinione, diffusasi
nel dopoguerra, che i carpigiani fossero stati vittime al pari degli internati stessi. L’a.
definisce così «compensated compliance» l’atteggiamento collaborativo dimostrato dalla
comunità e ottenuto grazie a incentivi economici.
Alla storia del campo si intreccia quella di alcuni esercizi commerciali e imprese
locali, come la Cooperativa muratori, che non solo lo costruì nel 1942, ma che si occupò
in seguito della sua espansione, nonché della sua ristrutturazione in epoche e utilizzi
successivi (incluso il dopoguerra). Vi furono anche la compagnia Guerzoni Ubaldi, che
fornì al campo tavoli e panchine, o il Forno Chiesi, che preparava le razioni per chi veniva
deportato. Non solo la promessa di un compenso, ma anche la paura e l’atteggiamento
per lo più passivo nei confronti delle autorità fasciste favorirono la cooperazione con gli
ufficiali della Repubblica di Salò e gli occupanti nazisti. Questi aspetti, in parte emersi dal
documentario Gli Ebrei di Fossoli di Ruggero Gabbai del 2006, vengono affrontati per la
prima volta in questa pubblicazione. Inoltre, tale studio dimostra come le autorità italiane
che ebbero in gestione il «campo vecchio» collaborarono con le autorità tedesche nel monitoraggio
degli arrivi degli ebrei. I due campi, quello per prigionieri politici gestito dalla
Rsi e quello per ebrei gestito – dopo una certa data – dall’esercito tedesco, non ebbero
quindi vita separata, ma vi fu una stretta collaborazione tra le due amministrazioni nella
gestione della deportazione razziale e politica.
Il mito «italiani brava gente» viene messo in crisi nel corso dell’analisi della gestione
del campo di Fossoli e dell’elaborazione della sua memoria nell’immediato dopoguerra. In
particolare, la parabola della comunità di Nomadelfia, cioè l’esperimento sociale di don
Zeno Saltini sorto nel campo, dapprima incoraggiato da Vaticano e Dc, poi osteggiato
poiché fortemente critico nei confronti delle loro politiche, diviene così il simbolo del
tentativo di occultare il ricordo del collaborazionismo italiano durante la seconda guerra
mondiale.

Chiara Becattini