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Tra capitalismo e amministrazione. Il liberalismo atlantico di Nitti

Michele Cento
Bologna, il Mulino, 211 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2017

La vita pubblica di Francesco Saverio Nitti si sviluppa lungo l’arco di oltre un cinquantennio; il volume di Michele Cento non è, e non vuole essere, una biografia a tutto tondo, ma uno studio che si concentra sul periodo che va dalla fine del XIX secolo al 1924, cioè quando l’uomo politico lucano va in esilio perché oppositore del fascismo. Per capire il senso di questa periodizzazione occorre riportarsi all’approccio euristico adottato dall’a.
Nitti appartiene a una tipologia che in passato non era infrequente mentre oggi è decisamente rara, si tratta infatti di un uomo politico che contemporaneamente è anche uno studioso, uno scrittore e un pensatore politico. Il libro che qui analizziamo si propone di ricostruire l’orizzonte ideale e il clima culturale entro cui Nitti matura la sua visione teorica dei rapporti sociali per intendere in maniera compiuta anche il suo impegno politico pratico. Si tratta, perciò, di una monografia che ha un’impostazione di storia del pensiero politico, ma che non si ferma alla dimensione concettuale perché indaga anche il risvolto operativo di quella determinata visione ideale.
Cento ricostruisce con precisione la formazione di Nitti. L’ambiente familiare della provincia lucana intriso di idealità repubblicane e democratiche, gli studi di giovanissimo autodidatta che, approdato all’università, si canalizzano in maniera originale verso le scienze sociali. Formatosi in un clima dove il positivismo era dominante il giovane Nitti ne assimila il richiamo alla concretezza dei fatti e il rifiuto dell’apriorismo, ma ne rifiuta il determinismo anzi sviluppa, mutuandolo dalla scuola storica, la visione dinamica dello sviluppo sociale. Un percorso che lo porta a partecipare a quella corrente intellettuale che è stata definita del liberalismo atlantico.
Il liberalismo atlantico non designa un movimento organizzato, bensì un orientamento di ricerca che vede una convergenza di studiosi di vario orientamento. Negli ultimi decenni del XIX secolo le scienze sociali mettono a punto il proprio statuto epistemologico; inoltre, al di là dei particolari orientamenti metodologici e dottrinali, esiste una larga convergenza su di un punto specifico: l’idea che il progresso della società non possa essere spontaneo ma vada indirizzato dal potere politico, un processo in cui l’amministrazione deve svolgere un ruolo centrale. Nitti partecipa in modo non tralatizio a questa corrente culturale. Non solo conosce la discussione e le ricerche che si svolgevano altrove, ma i suoi libri sono recensiti e tradotti in vari paesi esteri. Da questa humus intellettuale nasce il suo impegno politico che si sostanzia in un approccio che l’a. ben riassume nella volontà «di realizzare un governo dell’amministrazione senza rinunciare alla democrazia» (p. 129). La vicenda di Nitti dimostra, insomma, che «una cultura riformatrice è effettivamente esistita in Italia senza esaurirsi nella parentesi giolittiana» (p. 201).
Lavorato su fonti di prima mano il libro offre un contributo serio all’approfondimento della parabola intellettuale di Nitti ma anche all’evoluzione dei rapporti tra politica, società e cultura tra ’800 e ’900.

Maurizio Griffo