Anno di pubblicazione: 2004
Umberto Fortis ha curato gli atti della seconda giornata di studio (30 novembre 2003) organizzata dal Centro di Studi ebraici della Comunità di Venezia e dedicata al problema dell’antisemitismo moderno e contemporaneo. Ideale prosecuzione della giornata del 30 marzo 2003, dove fu affrontato il tema dell’antigiudaismo antico e moderno, questo volume si inserisce nel ricchissimo e spesso ridondante dibattito intorno all’antisemitismo contemporaneo cercando di fornire utili chiavi di lettura. Non è la revisione storiografica ut sic che accomuna i saggi qui presentati, ma un lodevole (e volterriano) intento pedagogico: ?È dunque dalla scuola che è d’obbligo partire, con interventi mirati, per una conoscenza non alterata della realtà storica e per una diffusione della verità che possa evitare il moltiplicarsi dei pregiudizi e ostacolarne, in qualche modo, la divulgazione, anche con il supporto dei nuovi mezzi di comunicazione? (p. 11).
Il volume raccoglie sette comunicazioni di storici appartenenti a diverse generazioni, con una ricca appendice storico-letteraria affidata a Umberto Fortis (pregevole l’analisi de Il pugno chiuso di Arrigo Boito e di Più che l’amore di Gabriele D’Annunzio). Giovanni Miccoli presenta un quadro d’insieme dell’antisemitismo fra Otto e Novecento, riuscendo nell’ardua impresa di non banalizzare il rapporto tra antigiudaismo antico e antisemitismo contemporaneo. L’intervento muove proprio da una definizione ?scientifica? (positivistica) di ebreo per delineare il nuovo spazio semantico occorso all’antiebraismo nel mondo cattolico. Dalla pubblicistica francese di fine Ottocento si giunge al delicato pontificato di Pio XII, le cui reticenza e passività di fronte allo sterminio degli ebrei perpetrato da Hitler si inserirono, per molti aspetti, nella continuità degli anni e dei decenni precedenti.
Tra gli altri saggi della raccolta segnaliamo quello di Simon Levis Sullam, che propone un esperimento archeologico di ascendenza foucaultiana: quello di considerare l’antisemitismo come una ?pratica discorsiva e ideologica che si avvale di un archivio antiebraico? (p. 86). Con l’intento di stanare la pratica intertestuale della tradizione antiebraica, l’autore passa al setaccio alcune recenti pubblicazioni: la Lettera a un amico ebreo di Sergio Romano, Il sonno della memoria di Barbara Spinelli e Profezia di Gianni Baget Bozzo. Parlare di antisemitismo trasversale (e travestito negli interstizi della langue) diventa un’operazione storiograficamente proficua? Si pensi allo stesso pamphlet di Asor Rosa edito da Einaudi nel 2003, La guerra, che contiene feroci e inquietanti espressioni intorno al dominio dell’?Occidente?. Perché non limitarsi a confutare un testo antiebraico attraverso una tesi falsificabile e verificabile per via documentaria? Una volta delineati i meccanismi performativi di un pregiudizio, come utilizzare un archivio che sorvoli una landa semantica autoreferenziale e ormai desertificata?