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Umberto Levra (a cura di) – Il Piemonte alle soglie del 1848, Comitato di Torino dell’Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, Atti del Convegno – 1999

Umberto Levra (a cura di)
Roma, Torino 7-10 ottobre 1998

Anno di pubblicazione: 1999

Le iniziative piemontesi sul Centocinquantenario del 1848 e dello Statuto albertino hanno rappresentato un’eccezione rispetto alla lamentata scarsa sensibilità della storiografia italiana per il 1848. Il convegno in esame privilegia gli antefatti dell’evento, il Piemonte più che Torino, il quadro europeo più che quello italiano, colma le lacune del programma celebrativo del centenario in merito alla questione sociale e a vari aspetti della storia culturale e politica. “Assi connettivi dell’intero volume” sono secondo il curatore quello “sincronico-diacronico” (il Piemonte del 1848 e la sua trasformazione dalla Restaurazione in poi), quello centro-periferia, e quello del Piemonte fuori del Piemonte. L’interna articolazione prevede sezioni di impianto tradizionale: territorio, società, economia; Stato, istituzioni-amministrazione; politica, opinione pubblica, cultura. L’ultima, che ricorda la venturiana Italia fuori d’Italia, è la più idonea a comprendere le esigenze storiografiche che sono alla base del Convegno: la legittimazione esterna della dinastia come protagonista del processo unitario, il passaggio dalla estraneità alla maggiore attenzione verso il regno sabaudo anche per la sua collocazione moderata e costituzional-dinastica, il formarsi in Piemonte della classe dirigente unitaria appaiono fenomeni europei e italiani, frutto di un complesso lavorio diplomatico, giornalistico, di azione sulle corti e sull’opinione pubblica più avanzata.
La rilevanza dell’operazione, articolata in trentotto contributi, si basa, pur nella scarsa omogeneità di molti interventi, sul valore periodizzante del 1848, e sulla “scoperta” della provincia come mondo vivace, sensibile alla modernizzazione, alternativo, soprattutto nelle zone “lombarde”, alla sonnacchiosa capitale. Il bilancio del Piemonte prima del ’48 e dei relativi studi suggerisce temi per ricerche future e la necessità di rinnovare le metodologie di approccio.
Per quanto in molti contributi il post-1848 sia implicito, volutamente marginale è la specificità del regno che mantenne in vigore lo Statuto rispetto alla valorizzazione dei tentativi, già settecenteschi, poi carloalbertini, di trasformazione dello Stato, su modelli napoleonici. Non solo quindi nel denso 1847, ma già dagli anni ’30-’40, in tutti i settori, seppure con diversa incidenza, si prospettano modificazioni che vedono protagonista la dinastia e la sua capacità di dialogare con le forze sociali e politiche, e i cui effetti passano anche attraverso la considerazione internazionale di Carlo Alberto.
Il risalto dato agli aspetti strutturali e ad altri fattori oltre che a quelli dinastici chiarisce l’esigenza di aggiornare le coordinate ideologiche e di ricerca della storiografia “regionale”. Occorre chiedersi tuttavia che ruolo svolgono Genova e la Sardegna nel pre-1848 piemontese; non sono anch’esse parte integrante del dialogo fra centro e periferia, non hanno anch’esse un ruolo nell’immagine che l’Europa ha del regno?

Renata De Lorenzo