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Un console in trincea. Carlo Galli e la politica estera dell’Italia liberale (1905-1922)

Valentina Sommella
Soveria Mannelli, Rubbettino, 433 pp., € 24,00

Anno di pubblicazione: 2016

Carlo Galli (Firenze, 1878 – Venezia, 1966) fu un personaggio importante, anche se non di primissimo piano, del mondo diplomatico italiano tra i primi anni del ’900 e la vigilia della seconda guerra mondiale, dapprima a livello consolare e poi, dal 1924, come ambasciatore (nel 1938 il governo fascista lo collocò anticipatamente a riposo). In questo volume Valentina Sommella, ricercatrice di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Perugia, ne ha ricostruito le vicende in maniera analitica e dettagliata (sulla scorta di un’ampia ricerca d’archivio, in particolare nei fondi del Ministero degli Affari Esteri) a partire dagli inizi della carriera sino all’indomani della formazione del primo governo Mussolini, dedicando al periodo successivo poche pagine di Conclusioni. Periodo che, tuttavia, è oggetto di una lunga Postfazione, intitolata L’altra vita di Carlo Galli e scritta dalla nipote Francesca Galli Aliverti: un contributo privo di apparati critici, ma non per questo meno denso e interessante.
Si tratta di un volume notevole, non solo per la ricchezza della documentazione archivistica e delle fonti secondarie che ne stanno alla base, ma anche per la capacità dell’a. di intrecciare il ruolo di Galli e gli avvenimenti di cui egli fu a vario titolo protagonista: la guerra italo-turca, la preparazione dell’intervento italiano nel primo conflitto mondiale (le radici familiari veneto-dalmate, da parte di madre, gli furono in questo di grande aiuto), quindi l’incarico presso il Comando Supremo a Udine, il dopoguerra e infine la partecipazione alla conferenza di Versailles. Nel complesso ne emerge il profilo di un funzionario abile e intelligente, che seppe bene interpretare le ambizioni dell’Italia di inizio secolo a un ruolo di grande potenza e che a quella causa prestò con convinzione la propria opera, senza troppo curarsi – si direbbe – delle vicende politiche interne. Significativo, in questo senso, il fatto che Galli avesse inizialmente una certa simpatia per il movimento nazionalista (complice anche l’amicizia con Enrico Corradini), ma che nel dopoguerra si fosse trovato in forte sintonia con il ministro degli Esteri dell’ultimo governo Giolitti, Carlo Sforza, in particolare per quanto atteneva alla politica balcanica e all’opportunità di un buon vicinato con il Regno di Jugoslavia (ragione per cui non condivise poi la politica estera mussoliniana).
A questi temi (e, più in generale, a un bilancio complessivo del personaggio in rapporto alla fine dell’età liberale e all’inizio di quella fascista) si sarebbe forse potuto dedicare più spazio e qualche riflessione ulteriore, che qui sembra invece rimanere un po’ tra le righe, schiacciata talvolta da una ricostruzione dei fatti minuziosa sino al minimo dettaglio. Il che non toglie, tuttavia, che si sia in presenza di un’opera che fornisce elementi di grande interesse su un periodo della storia italiana tuttora aperto alla discussione e allo studio.

Marco Scavino