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Una storia di confine. Frontiere e lavoratori migranti tra Messico e Stati Uniti (1836-1964)

Claudia Bernardi
Roma, Carocci, 216 pp., € 18,70

Anno di pubblicazione: 2018

Il volume ripercorre, attraverso la figura del lavoratore migrante messicano (Bracero),
la storia della frontiera fra Messico e Stati Uniti dalle sue origini di linea immaginaria, più
astratta che reale, al 1964 che segnò la fine del primo accordo binazionale per regolamentare
la migrazione, il Programa Bracero.
Attraverso una visione di lungo periodo l’analisi tiene conto sia dell’aspetto sistemico
del processo migratorio quanto della sua dimensione soggettiva volta a cogliere l’importanza
delle pratiche attuate dai migranti sottolineandone l’autonomia e l’uso strategico
della mobilità. La descrizione del lungo e complicato tragitto del lavoratore restituisce
un’immagine nitida della complessità del paesaggio di frontiera fatto di tensioni e attriti
continui.
Dopo aver descritto le prime mosse dei pionieri dell’importazione della forza lavoro
proveniente dal sud del Rio Bravo, l’a. si sofferma sul periodo che dalla prima guerra
mondiale configura il «ventennio costituente» offrendo un panorama esaustivo sia della
sequenza delle leggi emanate dai governi nazionali sia delle pratiche locali adottate dai
coltivatori per controllare i lavoratori e trarre dalla mobilità il maggior profitto possibile.
La ricostruzione esauriente dei sistemi coercitivi a cui è sottoposto il lavoratore evidenzia
il sussistere di pratiche di tipo coloniale volte a indebitare il lavoratore per vincolarlo
indissolubilmente alla terra: il peón era catturato da un sistema enganche (letteralmente
agganciamento) per trattenerlo e costringerlo a pagare il debito di inizio viaggio e spesso,
proprio come un tempo, era obbligato a comprare i beni di prima necessità presso lo
spaccio del coltivatore a prezzi esorbitanti.
La cesura del New Deal e l’inizio del keynesismo, particolarmente rilevante per lo
spazio di frontiera, hanno aperto il cammino alle negoziazioni che porteranno alla stipula
del Programa Bracero e all’inizio della bracierada: «un complesso e intricato sistema di selezione,
organizzazione, supervisione, gestione e controllo del lavoro migrante che poggia
su diverse agenzie, dipartimenti statali e federali, uffici e istituzioni locali, figure d’intermediazione
e reti sociali a livello transnazionale» (p. 117). L’accordo inaugurò una nuova
stagione, ma sin dagli esordi mostrò palesemente i limiti nel gestire un movimento migratorio
incontrollabile, aumentando la migrazione illegale. Se da una parte il programma ha
sancito la rottura con il precedente sistema privato gestito autonomamente dagli imprenditori,
dall’altra ha creato ex novo una complessa macchina burocratica e diplomatica: la
fabbrica della mobilità, come viene definita dall’a., che incanalando i lavoratori attraverso
una complessa trama di tratte e snodi ha trasformato ogni tappa del complesso tragitto in
un vero e proprio mercimonio. Il programma, pur essendo all’avanguardia, ha finito così
per perpetrare una forma di «schiavitù legalizzata» (p. 173).
Il libro interviene a colmare le lacune della storiografia italiana sul tema delle frontiere
latinoamericane e diventa una lettura obbligata per interpretare i fenomeni attuali
delle complesse dinamiche transfrontaliere.

Tiziana Bertaccini