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Una storia fiscale dell’Italia repubblicana

Gianni Marongiu
Torino, Giappichelli, 329 pp., € 40,00

Anno di pubblicazione: 2017

L’incipit vagamente manzoniano circa «i pochi lettori» della storia fiscale di Marongiu,
professore emerito di Diritto finanziario presso l’Università di Genova, chiude
idealmente un impegno trentennale centrato sulle «storie fiscali» dall’unificazione ai giorni
nostri (p. XV). Il volume si dipana tra il crollo del fascismo e l’approvazione della
Costituzione, il riformismo «vanoniano», il centro-sinistra e l’abbandono dell’uso della
leva fiscale, la riforma fiscale degli anni ’70, l’occasione perduta degli anni ’80, ecc. La
ricchezza del volume e i diversi piani intrecciati (fiscalità e finanza pubblica, economia e
assetti politici e parlamentari) spingono a rimarcare la sua collocazione all’interno di un
lungo percorso scientifico del quale sono state tappe importanti le ricerche su le radici
dell’ordinamento tributario, la tassa sul macinato, la finanza della Destra e della Sinistra
storica, l’età giolittiana e il fascismo, i lavori su Marco Minghetti, Quintino Sella, Luigi
Einaudi ed Ezio Vanoni. Senza dimenticare la storia della finanza locale.
Il taglio metodologico dell’a. si colloca nei contenuti della scienza delle finanze e del
diritto finanziario à la Griziotti, come integrazione tra finanza pubblica e diritto finanziario,
con attenzione per le istituzioni preposte. L’a. ha più volte ricordato come agli studi
giuridici abbia sempre affiancato l’interesse per la storia del fisco e come non si sia limitato
ad analizzare la disciplina sotto il profilo esegetico, ma abbia considerato il ruolo centrale
dei tributi nel misurare l’equità degli assetti socioeconomici, il consenso alle istituzioni e
l’equilibrio tra fini proclamati e mezzi predisposti. Solo una buona conoscenza di questa
storia può infatti – a suo dire – avere un rilievo e contribuire a irrobustire quella coscienza
fiscale attualmente molto debole in Italia.
Un simile percorso di lavoro (e di idee), costellato da molto impegno nella storia
finanziaria, resta tuttavia in sordina rispetto a quello dedicato al diritto finanziario e tributario
dove maggiore è stata l’accoglienza e la ricaduta; non è un caso che gli studi in suo
onore, predisposti dai colleghi dell’Università di Genova, siano dedicati integralmente
alla sfera del diritto. Nell’ambito dei suoi lavori sulla finanza pubblica, mi pare infatti che
si sia prodotto uno iato tra l’utilizzo in letteratura dei risultati di ricerca e la valutazione
organica della sua opera. In sintesi: ci sono citazioni e recensioni, ma poche discussioni
di un corpus che, con il volume in oggetto, costituisce ormai una storia completa della
finanza pubblica. Presenti, ma tutto sommato contenuti e datati, sono i riferimenti al suo
lavoro nelle rassegne di storia della finanza pubblica (ad esempio, quelle redatte da Roberto
Artoni, Francesco Balletta, Domenicantonio Fausto e Giuseppe Felloni nella «Rivista
di Storia Finanziaria»). È dunque tempo per una valutazione complessiva di un versante
importante del percorso di ricerca dell’a.

Giuseppe Della Torre