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Una storia italiana. Dal Banco Ambrosiano a Intesa San Paolo

Carlo Bellavite Pellegrini
Bologna, il Mulino, 562 pp., € 38,00

Anno di pubblicazione: 2013

Il volume di Bellavite Pellegrini, docente di finanza aziendale, basandosi su fonti
d’archivio e testimonianze orali, ricostruisce il processo che, dopo le privatizzazioni degli
anni ’90, ha portato alla formazione del primo gruppo bancario italiano, Banca Intesa San
Paolo. Se tale esito era per certi versi un fatto scontato nel più ampio processo di riassetto
del sistema bancario italiano quale effetto di privatizzazioni e liberalizzazione del settore,
meno scontato era che il soggetto «aggregante» potesse essere un istituto, il Nuovo Banco
Ambrosiano, che riprendeva e derivava dal maggior fallimento bancario del secondo dopoguerra,
quello del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi: non tanto per la sua origine,
l’essere cioè il by-product di un fallimento venato dalle relazioni di Calvi con Sindona e la
criminalità organizzata, quanto piuttosto perché la «banca aggregante» aveva dimensioni
contenute, muovendo da una dimensione (operativa) regionale più che nazionale, quale
aggregato del Nuovo Banco, della Centrale e della dinamica Banca Cattolica del Veneto.
Una ragione di tale inatteso successo si può ascrivere, come del resto si ricava dalla
ricostruzione dettagliata condotta dall’a., al favor concesso al suo presidente Giovanni
Bazoli dalle autorità monetarie, anzitutto la Banca d’Italia di Carlo Azeglio Ciampi (i
cui diari inediti costituiscono una fonte dell’opera), e più in generale dai soggetti politici
di maggior peso dello scorcio della prima Repubblica, in particolare dall’allora ministro
Beniamino Andreatta.
La ripresa operativa, graduale, e il rafforzamento dimensionale consentito dalle
prime aggregazioni, con la Banca Cattolica del Veneto anzitutto, permisero a Bazoli di
conseguire un primo equilibrio funzionale del Banco Ambrosiano Veneto prima delle
privatizzazioni, in primo luogo riuscendo a mantenerne l’autonomia ancor prima che
le aggregazioni prendessero corpo sulla fine degli anni ’80. Bazoli vanificò il tentativo
della Banca Commerciale Italiana – attribuito alla Mediobanca di Enrico Cuccia – di
acquisire il controllo dell’Ambroveneto esperito alla fine di quel decennio, un tentativo
poi reiterato alla metà degli anni ’90. Superata quella boa, Bazoli e il presidente della
Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti, poterono procedere alla fusione tra il Banco e la
Cariplo (1997), cui seguì l’acquisizione di fatto della Comit (1998), sottratta alla sfera di
controllo di Mediobanca, e la formazione di Banca Intesa, cui seguì infine la fusione con
il gruppo San Paolo-Imi (2007) secondo il modello federale messo a punto sin dall’avvio
delle aggregazione.
Il volume, non sempre aggiornato sotto il profilo della letteratura, dipende in termini
sostanziali dalla testimonianza di Giovanni Bazoli, di cui riporta le valutazioni in
toni forse eccessivamente simpatetici. Riesce perciò forse comprensibile la definizione che
ne dà il prefatore Jean-Paul Fitoussi, membro del consiglio di sorveglianza di Intesa San
Paolo: «un documento storico rigoroso, un romanzo e un libro d’avventura con momenti
di suspense» (p. 9).

Giandomenico Piluso