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Viaggio alle fonti dell’arte: il moderno e l’eterno. Margherita Sarfatti 1919-1939,

Elisabetta Barisoni
Treviso, ZeL, 294 pp., € 30,00

Anno di pubblicazione: 2018

Margherita Grassini è stata una protagonista della storia italiana del ’900, e non
soltanto di quella artistica e culturale. La sua militanza e la sua relazione con Benito Mussolini
l’hanno posta al centro delle vicende del regime fascista, del quale ha rappresentato,
sicuramente fino all’inizio degli anni ’30, un’esponente ascoltata e dotata di considerevole
potere. Barisoni esercita sulle sue vicende uno sguardo nuovo e interessante, per le sue
capacità critiche e per la documentazione analizzata: il Fondo Sarfatti, acquisito nel 2009
dal Mart di Rovereto, fonte essenziale per ricostruire il percorso di formazione dell’intellettuale
veneziana, come anche la sua rete di amicizie con gli artisti e i politici più in vista
tra le due guerre mondiali.
Le due parti in cui è diviso il libro ripercorrono la biografia di Sarfatti mettendola
costantemente in relazione con la progressiva emergenza delle sue idee sull’arte e col suo
orientamento politico, che passò dal socialismo – condiviso con il marito, Cesare Sarfatti
– al fascismo, attraverso l’incontro con Mussolini e con l’interventismo. Lontano dai toni
scandalistici che spesso accompagnano, nel nostro paese, la vita delle compagne dei leader
politici, l’a. interroga lo stretto legame tra i due e le sue conseguenze pubbliche: fin dagli
esordi, è difficile distinguere quali siano le posizioni di Sarfatti e quali quelle di Mussolini,
vista l’onnipresenza di Margherita sulla scena e la sua profonda influenza sull’amante,
che lei educa, «sgrezza» e introduce negli ambienti intellettuali del paese. Sarfatti è una
instancabile conferenziera, è membro dei principali comitati del sistema di esposizioni
periodiche su cui si fonda il regime, è uno degli scrittori ombra di Mussolini (che di arte
si intendeva ben poco), è una organizzatrice di mostre, in Italia e soprattutto all’estero; è
la prima biografa del Duce. Fino a quando sarebbe stata, progressivamente, emarginata
dal regime, all’inizio degli anni ’30 (sistematicamente a partire dal 1934), per più cause
concomitanti: le sue origini ebraiche; le modificazioni intervenute nel funzionamento del
sistema artistico fascista; il deteriorarsi del rapporto personale con Mussolini, complice il
veto di Rachele.
Oltre che per averci restituito aspetti inediti della vita di Sarfatti (particolarmente
interessanti quelli sulla sua amicizia con Wildt e Medardo Rosso), il volume è particolarmente
prezioso per aver messo in luce la genealogia sarfattiana dell’arte italiana e la
continua oscillazione, nel suo pensiero, tra il moderno e l’eterno, per riprendere il titolo
dell’opera ma anche due delle parole chiave del fascismo e del suo rapporto con il tempo,
che è stato il tempo del mito e dell’eternità. Un’oscillazione dietro cui si nasconde la
principale convinzione della critica veneziana: l’idea che l’arte abbia una funzione politica
e che lo Stato debba intervenire nel suo governo, pur senza promuovere un’inclinazione
ufficiale o intromettendosi capillarmente nella scelta degli stili e delle poetiche artistiche.

Maddalena Carli