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Victoria de Grazia – L’impero irresistibile. La società dei consumi americana alla conquista del mondo – 2006

Victoria de Grazia
Torino, Einaudi, XXX-534 pp., euro 30,00 (ed. or. Cambridge, MA, 2005)

Anno di pubblicazione: 2006

Un libro ponderoso, ricco di suggestioni e di materiali, scritto brillantemente attorno ad una tesi forte: nel corso del XX secolo, si sarebbe verificato «un vero e proprio scontro di civiltà fra le due opposte sponde dell’Atlantico» (p. XXIV) dal quale l’America uscì vittoriosa. Il libro di Victoria de Grazia, studiosa del fascismo italiano, sull’americanizzazione dell’Europa si apre durante la prima guerra mondiale con l’ispirato discorso di Woodrow Wilson di fronte ad una platea di venditori che parla di «conquista del mondo con mezzi pacifici» e con la fondazione del Rotary club a Dresda e si conclude, in maniera circolare, con il crollo del blocco sovietico e la rifondazione del Rotary club nella stessa Dresda postcomunista. Dentro questa cronologia, il cui fulcro centrale è costituito dagli anni ’20-60, si consuma l’irresistibile ascesa del «soft power» americano e l’affermazione dell’«American way of life»; e cioè di un modo di consumare, di un universo di beni, ma anche di un insieme di valori e pratiche. De Grazia li delinea in nove capitoli che prendono in considerazione le diverse componenti della strategia di conquista: l’associazionismo filantropico e volontaristico e l’etica del servizio del Rotary club, il fordismo e l’elaborazione del concetto di standard di vita, le catene commerciali e i negozi a prezzo fisso, le grandi marche e la costruzione della loro immagine, il marketing e la moderna comunicazione pubblicitaria, il cinema hollywoodiano, i grandi magazzini e i supermercati, la costruzione del cittadino e della cittadina consumatrice. Il libro pullula di attori e comparse tra cui spiccano due protagonisti principali: l’imprenditoria ebraica con la sua straordinaria abitudine e capacità di fare network, di costruire un ponte tra le due sponde dell’Atlantico, e le donne, da un certo momento in poi di questa storia, fondamentali testimonials e «vettori» del modello americano. La storia raccontata da de Grazia è quella di una penetrazione culturale, che procede per diffusione, in un’Europa che è essenzialmente composta da Germania, Italia e Francia, anche se non mancano incursioni in altri paesi; ed è una storia di avanzate e vittorie non lineare. Le resistenze all’affermazione dell’«Impero del Mercato», più forti negli anni ’20 e ’30, si fanno sempre più deboli dopo il ’45 quando, grazie al Piano Marshall e al boom economico, l’avanzata diventa non solo irresistibile, ma anche inarrestabile; per arrivare negli anni ’80 ad un’Europa per certi aspetti più americanizzata della stessa America. Non è quella di de Grazia una storia di scambi e adattamenti, ma di transfert a senso unico, in cui forse si tende a sottovalutare, ed è una critica già da altri avanzata (si vedano le recensioni di John Brewer in «NYRB», 30.11.2006 e di Charles Maier, in «JMIS», 1, 2007), non solo l’esistenza di una società dei consumi di origine settecentesca ed europea, ma anche la pluralità delle forme assunte dall’americanizzazione in un’Europa, un po’ meno indistinta e compatta di quanto talvolta sembra emergere da questa affascinante ricerca, che non rinuncia ai propri valori, al proprio welfare e alla propria concezione della cittadinanza.

Daniela Luigia Caglioti